“Che mi importa se nessuno legge quello che scrivo? Lo scrivo per distrarmi dal vivere e lo pubblico perchè il gioco ha questa regola. Se domani si perdessero tutti i miei scritti, soffrirei, ma, sono convinto, non con dolore violento e folle come si potrebbe supporre, visto che tutta la mia vita era li. Sicuramente no, poichè la madre pochi mesi dopo la morte del figlio, ride di nuovo e torna ad essere la stessa. La grande terra che serve il morto servirebbe, meno maternamente, questi scritti. Niente è importante, e sono sicuro che sia esistito chi ha considerato la vita, senza possedere molta pazienza con quel bambino sveglio, e abbia desiderato molto la quiete di quando il piccolo, alla fine è andato a dormire.”
tratto da “Il libro dell’Inquietudine” di Fernando Pessoa
Questo lungo aforisma tratto da un libro che sto scoprendo giorno dopo giorno, frammento dopo frammento, sta tribolando molto i miei pensieri. Non soffocandoli, certo che no, ma ponendoli in una lunga fase di introspezione. E questo sasso lanciato nel mio mondo dal Poeta Pessoa, mi sta permettendo di ragionare delicatamente sul vero scopo per cui scrivo, per cui ho questa passione della scrittura.
Perchè scrivo?
Hanno una profonda valenza esistenziale l’uso artistico delle parole?
Cos’è questo fuoco vivo che arde nel cuore ogni volta che vengo colpito da un’emozione?
Scrivo per me stesso o per la gente?
Quali scenari, nel caso ci fossero, con l’avanzare dell’età sempre lontana dalla gioventù si prospetteranno?”
Esisterà un fine eterno alla mia voglia di comporre poesie e brevi saggi?
Proverò, un giorno, a darmi queste risposte… intanto contemplo…