Io – un’adolescente?
Se qui, ora, d’improvviso, mi comparisse davanti,
dovrei forse salutarla come una persona cara,
benché mi sia estranea e lontana?
Versare una lacrimuccia, baciarla sulla fronte
per la sola ragione
che la nostra data di nascita è la stessa?
Siamo così dissimili
che forse solo le ossa sono uguali,
la calotta cranica, le orbite oculari.
Perché già i suoi occhi sembrano un po’ più grandi,
le ciglia più lunghe, la statura più alta
e tutto il corpo è fasciato
da una pelle liscia, senza un’imperfezione.
In verità ci legano parenti e conoscenti,
ma nel suo mondo, di questa cerchia,
vivi lo sono quasi tutti,
mentre nel mio quasi nessuno.
Siamo così diverse,
così diversi i nostri pensieri e le parole.
Lei sa poco –
ma con caparbietà degna di miglior causa.
Io so molto di più –
ma non in modo certo.
Mi mostra qualche poesia,
scritta con una grafia nitida, accurata,
come ormai non scrivo più da anni.
Leggo quelle poesie, le leggo.
Be’, forse quest’unica,
se solo si accorciasse
e correggesse qua e là.
Il resto non promette nulla di buono.
La conversazione langue.
Sul suo modesto orologio
il tempo è ancora incerto e costa poco.
Sul mio è molto più caro ed esatto.
Per commiato nulla, un sorriso abbozzato
e nessuna commozione.
Solo quando sparisce
e nella fretta dimentica la sciarpa.
Una sciarpa di pura lana,
a righe colorate,
che nostra madre
ha fatto per lei all’uncinetto.
La conservo ancora.
Wisława Szymborska
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